Water Footprint (impronta idrica): cos’è e cosa calcola?

Water Footprint (impronta idrica): cos’è e cosa calcola?

Di più recente istituzione è la Water Footprint (impronta idrica), concetto espresso per la prima volta nel 1993 e riferito alla quantità di acqua utilizzata nella produzione e commercializzazione di un prodotto. Nel 2007 la Water Footprint si evolve con Hoekstra e Chapagain, che hanno definito il contenuto virtuale in acqua di un prodotto come il volume di acqua dolce utilizzata per produrre il prodotto stesso, misurata nel luogo in cui è stato effettivamente prodotto. L’impronta idrica di una persona, società o nazione è definito come il volume totale di acqua dolce virtuale utilizzata per produrre le materie prime, beni e servizi consumati dalla persona, società o nazione. Il contenuto di acqua virtuale dei prodotti aumenta quando sono necessarie risorse aggiuntive per la loro produzione, come la trasformazione, il confezionamento e il trasporto, risorse e processi che incidono nella produzione e che si riflettono nell’impronta idrica dei singoli prodotti. Ad esempio, produrre una singola tazza da 125ml di caffè equivale a 140 litri e una t-shirt in cotone a 2000 litri d’acqua virtuale.

La produzione di carne richiede tante risorse aggiuntive rispetto a quelle necessarie per produrre colture, ne consegue che la carne ha un’impronta idrica molto elevata. La deforestazione, la coltivazione del mangime e l’acqua consumata dal bestiame da allevamento, combinati con un tempo di produzione relativamente lungo, contribuiscono a un impatto di acqua virtuale di circa 15.500 litri per ogni chilogrammo di carne bovina, equivalenti a circa 2.400 litri per un singolo hamburger.

Le Water Footprint nazionali per le popolazioni variano in base a quattro fattori principali:

  • il volume dei consumi, che è direttamente collegato al reddito nazionale lordo di un paese. I paesi più ricchi hanno consumi maggiori e, quindi, un’impronta idrica più elevata;
  • il tipo di beni consumati da una popolazione. Produrre alcuni beni richiede più acqua rispetto ad altri, il loro consumo può contribuire a un impatto superiore. La carne richiede un volume di acqua maggiore di altri alimenti e i paesi con un alto consumo tendono ad avere impronte idriche più importanti;
  • il clima, poiché la disponibilità di acqua (dipendente dalle condizioni climatiche) ha un impatto diretto sulla quantità di acqua disponibile per l’uso;
  • l’efficienza dell’uso dell’acqua in agricoltura. Uno spreco maggiore di acqua nell’agricoltura può contribuire a un impatto superiore.

Considerati questi fattori è facile intuire che la Water Footprint venga prevalentemente utilizzato per i prodotti alimentari e il confronto fra essi, specialmente nella ricerca di rimedi alla fame del mondo, che coinvolge principalmente i paesi che hanno scarsa disponibilità di acqua dolce.

Sempre più numerosi sono gli studi scientifici che promuovono le diete a base di vegetali (dieta vegetariana e vegana) e sconsigliano quella carnivora il cui Water Footprint (consumo virtuale d’acqua dolce) sarebbe esorbitante e non più sostenibile:

«Lo scenario è da apocalisse: aumentano le persone, aumentano gli animali, mentre cibo e acqua scarseggiano. Bisogna, quindi, agire subito […] La fame è un problema globale che richiede la riorganizzazione del Pianeta. […] Ottenere un kg di carne richiede circa 15 mila litri di acqua, mentre per ottenere un kg di cereali (e quindi di pane) ci vogliono meno di 1.000 litri. Inoltre, mentre le piante trasformano l’anidride carbonica in ossigeno, gli animali fanno il contrario» U. Veronesi.