Le PMI devono darsi una strategia

Elaborare una “strategia” significa dare risposta a due domande fondamentali:

  • Dove vogliamo andare?
  • Chi vogliamo essere tra cinque anni?

In sintesi, si tratta di progettare come realizzare uno sviluppo sostenibile, tale da offrire vantaggi rispetto alla concorrenza reale, senza provocare scompensi all’equilibrio finanziario.

Le decisioni strategiche

La pianificazione strategica si caratterizza con decisioni che:

  • devono provenire solo dal “top management” (dagli imprenditori e da chi ha contribuito fattivamente al relativo sviluppo). Questo, guardando al futuro e tenendo conto dei cambiamenti ambientali, per trovare risposta a una domanda precisa (dove vogliamo andare?);
  • tendono a cambiare (o a confermare) l’orientamento dell’organizzazione e il fine da perseguire;
  • nel successo, comportano vantaggi straordinari;
  • nell’insuccesso, comportano rischi limitati;
  • comportano impegno (in termini di risorse) e sforzi straordinari (talvolta chiedono addirittura l’allestimento d’una “task force” esterna di supporto).

La pianificazione strategica

Le componenti essenziali di una strategia che ne identificano il “punto di arrivo” sono quattro:

  • i clienti da servire e i mercati di riferimento;
  • i principali prodotti/servizi di cui si deve disporre;
  • i vantaggi competitivi di cui l’azienda deve disporre (le ragioni per le quali i clienti dovrebbero acquistare i suoi prodotti/servizi);
  • le priorità di prodotto e di mercato (le scelte diffrenzianti dell’azienda sulle quali porre l’accento nella comunicazione mirata a creare visibilità).

La strategia riguarda il percorso di medio/lungo termine che il management decide d’intraprendere, dirigendo così le attività dell’azienda.

Dalle risposte alle quattro domande si definisce la “mission”.

La “mission”

La “mission” sintetizza ed esprime il disegno strategico dell’impresa.

La prima decisione strategica che il management deve prendere è quella di confermare o rivisitare la missione dell’impresa.
Se non lo fa (o non lo fa bene) gli mancherà un punto di riferimento per organizzare, soprattutto nel medio/lungo termine, le risorse destinate a realizzare lo scopo della impresa medesima.
Infatti, ignorando la “mission” si rischia lo spreco di sforzi in numerose direzioni che si manifesta generalmente in tentativi non sempre congruenti.

La formulazione della “mission” deve sempre nascere dall’analisi dell’ambiente esterno (i clienti, i mercati), verso l’interno (risposta del management alle esigenze dei clienti, operanti nell’ambiente/mercato scelto).

Il disegno strategico

Le domande cui rispondere, per definire il disegno strategico sono due:

  • quali grandi cambiamenti avverranno, nei prossimi cinque/dieci anni, nel nostro settore?
    Ipotesi sull’ambiente esterno all’impresa con valutazione delle opportunità e dei rischi;
  • quale parte può avere la nostra azienda in ciò che accadrà nel nostro settore?
    Analisi critica dell’ambiente interno dell’impresa, con valutazione dei punti di forza e di debolezza.

SCOPO DELLA STRATEGIA È QUELLO DI OTTENERE VANTAGGI COMPETITIVI, SOSTENIBILI NEL TEMPO.

Essenza della strategia è la “differenziazione”: evitare il comportamento imitativo (non agire da “follower” inseguendo i concorrenti), ma decidere la scelta migliore, tra quelle perseguibili e poi concentrare ogni sforzo sulla scelta effettuata, per distinguersi dai concorrenti agli occhi dei clienti (distinzione).

Consulenza strategica

Le decisioni strategiche – prima di tutto – sono prevalentemente connesse ai problemi esterni dell’impresa:

  • clienti/mercati potenziali (chi compra);
  • prodotti/servizi domandati (che cosa compra).

Pertanto, le decisioni strategiche – soprattutto quelle finalizzate alla “differenziazione” dalla concorrenza – mirano ad assicurare:

  • che i prodotti e i mercati siano scelti accuratamente e posizionati correttamente;
  • che la domanda sia sufficiente;
  • che l’organizzazione sia capace di cogliere le opportunità offerte dai mercati.

La strategia, quindi, impone esigenze operative:

  • sensibilità ai cambiamenti (della domanda, della concorrenza, delle tecnologie, delle legislazioni ecc.);
  • capacità di innovare;
  • adeguamento di costi/prezzi;
  • disponibilità di prodotti/servizi.

E la componente organizzativa deve saper predisporre risorse adeguate e sufficienti a soddisfare i clienti.

Il guaio è che le imprese studiano troppo poco l’ambiente esterno: in genere si fermano alla constatazione “vendo/non vendo”.

Le aziende sono molto simili agli esseri umani: le persone non possono saper fare bene ogni cosa, anche se qualcuno fa di tutto per riuscirci. Allo stesso modo, le aziende hanno successo, raggiungono e, a volte, oltrepassano le loro potenzialità, quando concentrano la loro attenzione su ciò che l’organizzazione sa fare meglio (core business), sfruttando a pieno le specifiche capacità disponibili (know how), senza disperdere energie e risorse.

Il supporto del consulente

Eseguire un processo di analisi, al fine di individuare le aree di miglioramento, sia della posizione di un’azienda nel mercato, sia della sua redditività, è un’operazione complessa e delicata:

  • è complessa, perché chiede valutazioni integrate di innumerevoli aspetti, tra loro collegati.
  • è delicata, perché il risultato potrebbe anche portare al rivoluzionamento dell’assetto aziendale.

Per questo, il metodo analitico assume importanza fondamentale, in quanto consente di raccogliere tutte le informazioni necessarie a supportare una buona diagnosi, dalla quale possano sortire soluzioni “creative”.

Vantaggi immediati

L’imprenditore (o il manager) che collabora alla raccolta dell’informazioni, grazie al metodo suggerito dal consulente, è costretto a rivisitare tutti gli aspetti dell’approccio al mercato, ai processi, alle funzioni e alle procedure in atto.
Attraverso tale rivisitazione (operazione che, per molte ragioni, nelle aziende non si fa mai), egli può percepire immediatamente non poche criticità, causate – per esempio – dalla cristallizzazione che deriva da abitudini operative ormai consolidate.

E questa è una presa di coscienza che permette all’imprenditore (o al manager) di interpretare compiutamente, sia la diagnosi strategica, sia i conseguenti suggerimenti del consulente.