5 tecniche sorprendenti con cui i prodotti “green” cercano di ingannare l’utente

5 tecniche sorprendenti con cui i prodotti “green” cercano di ingannare l’utente

Sei dentro un negozio, con una bottiglia di shampoo per mano. Il tuo occhio vaga da un’etichetta all’altra e la tua mente esegue 10 confronti simultanei per decidere quale bottiglia portare a casa. Il blu è, dopo tutto, il tuo colore preferito. E questa etichetta ha un bel fiore sul lato. Ma sei un acquirente razionale e non permetterai che i sentimenti abbiano la meglio. Hai fatto la tua ricerca sui cambiamenti climatici e l’inquinamento idrico. Sai che ogni tuo acquisto è impattante. Una bottiglia sostiene di essere “biologica”, l’altra “naturale”. Quale scegliere? Ti fermi nella corsia degli shampoo, indeciso, troppo a lungo.

Ti suona familiare? Non sei solo.

Gli acquirenti di tutto il mondo sono confusi. I marketers hanno notato il nostro interesse per i prodotti “verdi” e sono ansiosi di riempire i nostri carrelli. Il problema non è solo che stanno rendendo più difficile ogni nostra decisione di acquisto. È che le aziende spesso ci fanno ingannare, dicendo cosa pensano che vogliamo sentir dire sul “salvare il pianeta”, senza effettivamente essere sostenibili nelle loro affermazioni.

Il trucco del Greenwashing

I prodotti ingannevoli, che fanno dichiarazioni non chiare, false o manipolative sugli impatti ambientali di un prodotto o di un’azienda, sono spesso etichettati con il termine greenwashing (lavaggio verde). E questo è male, per tre motivi:

  1. Ovviamente sfrutta il cliente e gli fa spendere più soldi, basandosi su una falsa supposizione che i soldi spesi in più valgano la differenza.
  2. Il greenwashing dà alle aziende un modo per nascondere i loro atti più atroci. Una grande società potrebbe, ad esempio, pubblicizzare la sua linea di pannolini di cotone biologico per mostrare il proprio impegno ambientale, mentre lancia milioni di prodotti di plastica monouso che ancora soffocano le discariche.
  3. Il greenwashing dà ai consumatori un falso senso di impatto positivo, incoraggiando gli acquirenti ad acquistare più cose. Come potresti danneggiare la Terra se la tua protezione solare, ad esempio, è “ecologica”?

La realtà è che nessun prodotto oggi è ancora “buono” per il pianeta. Alcuni prodotti sono – solo – meno dannosi. Qualsiasi affermazione che vada oltre questo è disonesta.

Riscaldamento e Greenwashing

Ci sono diverse tecniche con cui i prodotti e le aziende possono usare il greenwashing per ingannare gli utenti:

1) Nessuna prova a sostegno di una dichiarazione.

Termini come “naturale” e “green” sono difficili da dimostrare. Ecco perché i marketers li amano, talvolta al punto di progettare sigilli e simboli che rendono l’affermazione legittima. Ad esempio, guarda il tentativo della soda di 7Up per convincerti che questo prodotto sia “naturale”.

Lo spot ti fa sentire bene, ma un aspetto più profondo ti fa chiedere quale sia la vera definizione di “naturale”. È lo sciroppo di mais ad alto fruttosio di bevanda “naturale” solo perché (molti passaggi precedenti di trasformazione) faceva parte di una pianta di mais (geneticamente manipolata)? Oh!

2) L’affermazione che non ha niente di cui vantarsi.

Questo richiede un controllo più stringente. A volte i brand si vantano di cose che sono già richieste dalla legge, sperando di non far notare che la loro affermazione è praticamente priva di significato. Immagina di entrare in casa di qualcuno e di vedere una impressionante collezione di trofei e medaglie. Dopo un controllo più accurato, però, ti rendi conto che tutti gli oggetti luccicanti sono solo premi di partecipazione alle attività scolastiche obbligatorie. Ognuno li ha, ma la maggior parte delle persone non sente la necessità di mostrarli. Uscirai da quella casa molto meno impressionato.

Un semplice esempio di questa tecnica di greenwashing è rappresentato dalle aziende che vantano prodotti senza CFC (senza clorofluorocarburi). È fantastico, dal momento che i CFC hanno distrutto gran parte dello strato di ozono. Ma la verità è che la produzione di CFC nell’Unione Europea è stata vietata dal 2010. Proprio un gran risultato non infrangere la legge, no?

In altri casi, aziende che si ritrovano sotto il più basso standard del settore, si assicurano un certificato inutile. Sarebbe come camminare nella stanza dei trofei di cui sopra e vedere che tutti i premi sono per l’11° posto. Buono l’impegno, ma forse non vale la pena di vantarsi. Un esempio è la certificazione Rainforest Alliance applicata a prodotti come banane, caffè e cioccolato. Per ogni prodotto che riceve la certificazione, solo il 30% del suo contenuto deve soddisfare effettivamente i criteri della certificazione. Non è esattamente il più alto livello di impegno ambientale e sociale.

3) Bugie, bugie e ancora bugie.

Fortunatamente questa tecnica di greenwashing è meno comune perché le aziende ottengono sanzioni importanti se vengono pizzicate. Nel 2010, ad esempio, il gigante americano di pollo, Tyson Foods, è stato citato per aver affermato che i suoi polli erano stati “allevati senza antibiotici”. Risultò invece che la società stava nutrendo i polli con antibiotici. Tyson fu multato per 5 milioni di dollari più 50 dollari in contanti per chiunque avesse presentato una prova d’acquisto dei suoi prodotti.

4) L’affermazione che non guarda al quadro generale.

Wow! Hai scoperto una nuova bottiglia d’acqua che afferma di essere “ecologica” grazie al suo imballaggio riciclabile e al design rinnovato. Adesso puoi sentirti bene e metterne 10 nel carrello, no? Non proprio. La realtà è che la semplice riciclabilità non basta per renderla veramente sostenibile. Nel mondo, meno del 10 per cento delle materie plastiche sono state effettivamente riciclate, provocando un’eccessiva sfruttamento delle risorse, dello spazio destinato alle discariche, degli oceani.

Certo, è meglio della vecchia bottiglia. Ma chiamare i prodotti riciclabili “eco-friendly” è un’affermazione troppo importante,  considerata l’inefficienza dei nostri sistemi di riciclaggio e la scala dell’inquinamento plastico.

Sulle bottiglie d’acqua, leggi anche: il greenwashing in italia

5) L’affermazione che cerca di farti apparire diverso.

Alcune volte però, le aziende fanno cose genuinamente ecologiche. Ma quando il comportamento “green” proviene da un’azienda o da un’industria notoriamente “non green” bisogna chiedersi: nasconde qualcosa?

Pensate alla mossa promozionale della General Motors della fine degli anni ’80. La compagnia automobilistica annunciò che avrebbe piantato un albero per ogni macchina venduta della serie Geo. Ma, dietro le quinte, General Motors stava combattendo gli sforzi del governo per aumentare gli standard di efficienza del combustibile. Il valore di un singolo albero può far dimenticare questo carico di danni ambientali?

Stop al Greenwashing

Ora conosci le varie sfumature di verde utilizzate dai marketers. Ma non scoraggiarti. Il motivo per cui i prodotti “green” stanno invadendo il mercato è che i consumatori stanno manifestando il loro interesse nell’acquisto di cose migliori. È un progresso. Le aziende generalmente migliorano il loro green marketing poiché i consumatori richiedono maggiore trasparenza. Il trucco è quello di incoraggiare aziende – e responsabili politici – a sostenere la trasparenza verso il consumatore con sempre maggiori informazioni.

Pronto per affrontare il greenwashing? Ecco un piano di ripristino in tre punti da utilizzare ogni giorno:

  1. se non ne hai bisogno, non comprarlo. Il prodotto più ecologico è quello che non è mai stato realizzato, non importa quanti adesivi verdi abbia un prodotto;
  2. se acquisti qualcosa, scegli un prodotto che abbia più certificazioni sulla riduzione del suo impatto sulle persone e sul pianeta. Ciò può significare ricercare altri metodi di produzione e cercare certificazioni credibili e di terze parti. Non lasciarti ingannare;
  3. se sospetti che un’azienda presenti il suo prodotto più green di quel che è, parlane. Dillo ai tuoi amici, nei blog e contatta direttamente la società per chiedere una spiegazione.

Le scelte individuali di ogni consumatore fanno la differenza. I marketer stanno guardando ciò che si acquista. E se possono fare più soldi dando prodotti più puliti, più sicuri e più sostenibili, seguiranno.