16 novembre 2016
Ricevo una mail da una persona conosciuta un paio d’anni prima, ma con non c’era stata l’occasione di collaborare, in cui c’è scritto “ho una proposta da farti”. Titubante, ma un po’ incuriosito, chiamo al telefono. Dopo i saluti di rito, mi confessa di avere un progetto “folle” e ambizioso e di desiderare che io ne faccia parte. Concordiamo un appuntamento.
23 novembre 2016
Arrivo all’appuntamento: siamo io, lui e il suo socio. Mi anticipano brevemente il progetto, parlano di visione green e di tante tecnologie innovative che ancora non sono sul mercato, parlano della serietà dell’intero team, di etica e di professionalità. Sono frastornato, non riesco a capire bene il progetto né dove vogliano andare a parare, così gli espongo queste mie difficoltà. Mi rispondono che è normale, che il progetto nel suo complesso è così ambizioso da essere difficilmente comprensibile al primo approccio. Chiedo di avere del materiale ulteriore per approfondire la questione e valutare se – e come – io possa essere utile. Ma qui arriva la famosa “barriera” che i venditori conoscono bene e cercano di evitare a ogni occasione: l’accordo di riservatezza (NDA) da firmare – e fin qui niente di strano, ci sono abituato – in cui però, e ci tengono a precisarlo, la penale è molto importante.
Sfoglio l’accordo e arrivato a pagina 3 mi fermo, li guardo, e chiedo: “ho letto bene? 10 milioni di euro?“ Loro mi fissano, seri, e rispondono: “Sì, hai capito bene”. A questo punto chiedo di interrompere la riunione perché, con cifre simili in gioco, devo ovviamente parlarne con il mio avvocato.
Il viaggio di ritorno verso casa è stato tutto un pensare e ripensare, ma le parole che mi frullavano nella testa erano “questi sono folli o sono dei geni”. Ma in fondo, dov’è la differenza tra genio e follia?
16 dicembre 2016
Sono passate tre settimane da quel primo incontro. Dopo pochi giorni avevo inviato ai due “folli” una controproposta con una penale più contenuta, su consiglio dell’avvocato. Nessuna risposta. Mi aspettavo ormai che rinunciassero a quella che loro definivano “la prima scelta” e che quindi preferissero un altro professionista. Sorprendentemente arriva la telefonata che non ti aspetti: “Enrico, ok. Possiamo cominciare a lavorare assieme”.
A questo punto vengo in possesso del Business Plan e di tutte le particolarità e le caratteristiche del progetto. Li guardo frastornato e chiedo: “ma siete proprio sicuri di voler fare tutto questo?” Confermano.
Che fossero folli l’avevo capito fin dal primo momento. Comincio a credere che questo progetto sia talmente folle e talmente ambizioso che non possa non funzionare.
12 gennaio 2016
Comincia una bella e folle collaborazione. Si inizia con la revisione del Business Plan, con la definizione di una prima strategia di green marketing, la più ambiziosa strategia di green marketing che il mercato abbia mai affrontato. La prima operazione da fare è dare un nome al progetto. Dopo alcuni giorni di lavoro intense e innumerevoli verifiche faccio la mia proposta.
È una sola proposta, non le classiche tre o cinque spesso vengono sottoposte al cliente chiedendogli di scegliere la più convincente. Perché, quando la proposta è convincente e funziona bene, è inutile proporre alternative. La proposta viene accettata immediatamente dai due folli che sono assolutamente convinti che quello sia il nome giusto per il loro progetto.
Nasce così il progetto GREENDEN.