Il marketing strategico, assunto a funzione organizzativa, è diretto a ricercare, realizzare e migliorare il posizionamento dell’azienda sul mercato, sia nel settore B2B sia nel B2C.

In quanto strategico, il marketing è pensiero e azione, le cui fasi si concretizzano in:

  • analisi dell’azienda e del prodotto/servizio;
  • individuazione e analisi della concorrenza e del mercato attuale;
  • individuazione dei bisogni e dei problemi, specifici e generici, della clientela possibile (target);
  • ricerca statistica mirata a misurare i “target” e le loro specificità;
  • ideazione e creazione delle strategie comunicative e di sviluppo futuro;
  • Pianificazione delle azioni da compiere;
  • sviluppo dei mercati in funzione degli obiettivi prefissati.

Il marketing strategico, pertanto, è la funzione tecnica dello scegliere a chi vendere, che cosa vendere e come vendere, nonché del programmare le azioni conseguenti, perseguendo sempre la realizzazione del profitto.

“Vendere” è l’ultima attività del processo di “Marketing”: le attività che stanno a monte agevolano la vendita.

Progettare un’evoluzione “sostenibile”

L’azienda è “condannata” a evolvere. I costi della struttura organizzativa, gli investimenti necessari per competere, le tensioni sui margini di profitto comportano che l’azienda sia obbligata a evolvere continuamente, cercando sempre il migliore equilibrio economico, finanziario e patrimoniale.

Tuttavia, l’esperienza insegna che evolvere costa:

  • non sempre un incremento di fatturato si accompagna alla crescita “proporzionale” dei risultati economici;
  • quasi sempre l’evoluzione comporta maggiori fabbisogni finanziari che, se non sono gestiti correttamente, portano inevitabilmente l’azienda a indebitarsi oltre misura;
  • anche reperire nuove fonti di finanziamento oggi è diventato molto più complicato;
  • infine, errori e scelte sbagliate oggi comportano rischi molto più elevati, rispetto al passato.

È pertanto indispensabile progettare uno sviluppo sostenibile, tale da offrire vantaggi rispetto alla concorrenza, senza provocare scompensi all’equilibrio finanziario.

Dalla teoria alla pratica: è adeguata la strategia dell’impresa?

L’azienda sbaglia quando cerca di competere:

  • in “business” per i quali i punti di forza dei concorrenti sono notevolmente maggiori. Da tali “business” l’azienda dovrebbe ritirarsi;
  • su un’estensione (prodotti/clienti) non proporzionata alle risorse di cui può disporre. In tali situazioni, sarebbe conveniente, per l’azienda, modificare l’obiettivo (sviluppo selettivo, anziché generalizzato, per esempio); oppure, concentrarsi su un segmento, anziché competere in molti;
  • con tattiche non adeguate. Per esempio offrendo vantaggi competitivi non adeguati alle aspettative dei clienti effettivi e potenziali; oppure, puntando a competere con prezzi bassi, senza disporre della tecnologia adeguata a sostenere il confronto coi concorrenti.

Per scalare l’Everest è necessario disporre di uomini capaci d’arrivare a 8.000 metri di quota e di risorse finanziarie adeguate ai costi che comporta l’organizzazione della scalata. In caso contrario si è condannati all’insuccesso.

Consulenza per il riposizionamento strategico

Le decisioni strategiche – prima di tutto – sono prevalentemente connesse ai problemi esterni dell’impresa:

  • clienti/mercati potenziali (chi compra);
  • prodotti/servizi domandati (che cosa compra);
  • bisogni da soddisfare (perché compra).

Pertanto, le decisioni strategiche – soprattutto quelle finalizzate alla “differenziazione” dalla concorrenza – mirano ad assicurare:

  • che i prodotti e i mercati siano scelti accuratamente e posizionati correttamente;
  • che la domanda sia sufficientemente ampia;
  • che l’organizzazione sia capace di cogliere le opportunità offerte dai mercati.

La strategia, quindi, impone esigenze operative:

  • sensibilità ai cambiamenti (della domanda, della concorrenza, delle tecnologie, delle legislazioni ecc.);
  • capacità di innovare;
  • adeguamento dei costi/prezzi;
  • disponibilità dei prodotti.

E la componente organizzativa deve saper predisporre risorse adeguate e sufficienti a soddisfare i clienti.

Il guaio è che le imprese studiano troppo poco l’ambiente esterno: in genere si fermano al fatturato e alle sensazioni di agenti/clienti affezionati.

Le aziende sono molto simili agli esseri umani: le persone non possono saper fare bene ogni cosa, anche se qualcuno fa di tutto per riuscirci. Le aziende hanno successo quando concentrano la loro attenzione su ciò che l’organizzazione sa fare meglio (core business), sfruttando appieno le specifiche capacità disponibili (know how), senza disperdere energie e risorse.

Analisi delle aree di business

La consulenza per il riposizionamento di marketing ha l’obiettivo di contribuire a trovare il focus strategico dell’azienda al fine di indirizzarne le energie per l’ulteriore crescita o per il perfetto equilibrio.

L’obiettivo di individuare chiaramente le aree di business in cui opera l’azienda richiede:

  • l’analisi delle tipologie di clientela servite e l’identificazione/esplicitazione dei bisogni soddisfatti dai propri prodotti/servizi;
  • l’individuazione delle possibilità di differenziazione dell’offerta aziendale (prodotto/servizi) rispetto alla concorrenza, identificandone, quindi, i punti di forza e di debolezza;
  • la valutazione delle prospettive future, domandandosi se le tipologie di clienti attuali saranno quelle che l’azienda potrà o vorrà servire anche in futuro.

Se, invece, ci si aspetta che i bisogni espressi dal mercato subiranno una variazione, occorre ipotizzare in quale direzione essi si evolveranno. Questo, per poter riflettere sulla possibilità dell’azienda di seguire tali evoluzioni oppure sulla convenienza di porsi obiettivi strategici diversi, in termini di mercati/clienti/prodotti.

Marketing dei beni industriali

Nel marketing industriale, sia dei beni strumentali, sia dei beni intermedi (semilavorati, componenti, parti ecc.), la curva della domanda è derivata a più stadi di utilizzazione/consumo dei beni finali. Questo aspetto – dominante – si traduce in problemi connessi alla maggiore distanza del produttore dall’utilizzatore o consumatore del bene finale.

L’input razionale dell’acquirente di beni intermedi è mediamente più alto: la razionalità, infatti, è imposta dal suo processo produttivo, con tutti i vincoli oggettivi che influenzano (non poco) le decisioni. Inoltre, il processo decisionale risulta sovente molto complesso, perché condizionato dal ruolo professionale di più persone, dai tempi e dai processi operativi, nonché dalla natura dei problemi da risolvere.

Ne consegue che gli acquisti siano definiti prevalentemente in relazione alla soluzione di problemi. Il prodotto, in questo caso, svolge un ruolo fondamentale nel “marketing mix”, mentre il prezzo domina soltanto quando prodotto ha un’importanza ridotta (commodities).